I luoghi del western

Dove il West incontra il cinema: Lone Pine e Alabama Hills (California)

Tempo di lettura: 9 minuti

Molti ci passano, alcuni si fermano a dormire per spezzare il viaggio dal Mono Lake, alle porte del Yosemite National Park Parco Nazionale,  verso Los Angeles o la Death Valley. Pochissimi però si fermano. Eppure la piccola cittadina di Lone Pine avrebbe molte storie da raccontare.

Lone Pine è il prototipo di quello che si può considerare una città western, pur non essendo per niente una città fantasma. Si snoda ai due lati della Interstate 395 che percorre la Owens Valley, con edifici bassi prevalentemente in legno, caffè che sembrano vecchi saloon, piccoli negozi d’epoca. Fondata a metà del XIX secolo nel periodo della corsa all’oro, è stata così chiamata per via di un grosso pino che a quei tempi ne costituiva sin da lontano un facile punto di riferimento. Terminata la corsa all’oro, sarebbe probabilmente diventata una ghost town come tante altre se nei primi decenni del ‘900, agli albori del cinema, Hollywood non l’avesse scelta come sua principale succursale, individuando nei suoi dintorni il set ideale per la produzione di centinaia di film, western ma non solo. 

Ma anche gli appassionati di montagna scoprirono presto il valore della sua posizione, come punto di partenza ideale per raggiungere la vetta del Monte Whitney, nel cuore della Sierra Nevada, con i suoi 4.421 metri la montagna più alta degli Stati Uniti continentali, scalata per la prima volta nel 1873 da Charles Begole, A. H. Johnson e John Lucas, tre esploratori del posto che la identificarono erroneamente come Fisherman’s Peak. Un vero e proprio titano in granito meta di molti scalatori ma anche si semplici escursionisti che in due giorni, campeggiando al Consultation Lake; si avventurano sulla serie di 99 impegnativi tornanti che conducono fino alla vetta. Per l’escursione, oltre il Lone Pine Lake, è necessario richiedere un apposito permesso.

Nonostante vanti una tradizione turistica non trascurabile, Lone Pine non è stranamente mai presa d’assalto dal turismo di massa, se non in occasione dell’annuale “Sierra Film Festival” (nel mese di ottobre), che richiama però prevalentemente gente da tutto il Paese e solo in minima parte qualche straniero. A differenza di altre cittadine del West dove l’attività cinematografia è ormai solo un lontano ricordo, Lone Pine mantiene viva questa sua peculiare tradizione con diverse iniziative che tengono accesi i riflettori verso quelle location spettacolari. Alcune anche molto prestigiose: in occasione del 100  anniversario di The Roundup (1920), il primo film documentato prodotto nella zona, Lone Pine ha ospitato centinaia di registi e attori più famosi del settore, tra cui i registi William Wyler, John Ford, George Stephens eWilliam Wellman e gli attori John Wayne , Bing Crosby , Gene Autry , Barbara Stanwyck e Jeff Bridges. 

Il Film History Museum di Lone Pine è il luogo ideale per immergersi nella ricca storia delle centinaia di film che sono stati girati nelle vicine Alabama Hills. Un video di 15 minuti mette in evidenza tutti i personaggi famosi dei film spiegando quanto importante fosse questo posto per l’industria cinematografica e come lo sia ancora. Al suo interno, una vasta collezione di costumi, spezzoni di film, macchine da presa, oggetti di scena, manifesti e una infinità di cimeli. Una vera delizia per gli appassionati.

Per fermarsi a dormire, niente di meglio che l’Historic Dow Hotel, il vecchio albergo costruito negli anni ’20 per ospitare le troupe degli operatori cinematografici, ora gestito dalla stessa famiglia sin dal 1957. I nostalgici dei film western troveranno nel salone tantissime foto di John Wayne, insieme ad una bacheca di reliquie e autografi del celebre attore. 

L’area di Lone Pine, per la sua straordinaria varietà di paesaggio, è sin dai tempi del muto una delle location preferite dalle compagnie cinematografiche. In poche miglia quadrate si ha a disposizione praticamente ogni ambientazione necessaria: alta montagna, deserto, verdi praterie con gli immancabili ranch, fiumi, colline rocciose. Una varietà paesaggistica che permetteva di girare comodamente, senza costosi continui spostamenti, film le cui vicende comportavano cambiamenti anche radicali di situazioni ambientali. Si costruirono anche diversi set, interi villaggi western di cui però è rimasto poco o nulla, come la Salt Lake City edificata per “La grande missione” (Herny Hathaway, 1940) e il forte di “La carica dei Khyber” (1953) usato per “Uomini violenti” (Rudolph Matè, 1954 con GlenFord) come ranch di Edward G.Robinson . Vicino alla vecchia stazione di Lone Pine, presso la linea ferroviaria rimossa negli anni ’60, fu costruito un intero villaggio per il set di “Giorno maledetto (John Struges, 1955) e la città fantasma di “Sfida nella città morta” (1958, sempre di John Struges).  Poco lontano, più  a sud, nella distesa asciutta del Owens Lake, la linea ferroviaria nei pressi di Keeler venne utilizzata in alcune sequenze di “In nome di Dio/Il Texano” (1948, con John Wayne).  Anche nelle Alabama Hills il set appositamente costruito per “Cielo giallo” (1948, con Gregory Peck) e la stazione di diligenze del Rawhide Pass in “L’uomo dell’Est (Herny Hathaway, 1951) non hanno lasciato traccia della loro esistenza. 

La Whitney Portal Road che attraversa le Alabama Hills è ben riconoscibile con  Owens Lake sullo sfondo  nella scena di “La grande missione” (1940) in cui i carri dei Mormoni, dopo il difficile viaggio attraverso le montagne, giungono in vista della valle del Gran Lago Salato e Brigham Young annuncia alla sua gente che quella è la terra dove devono fermarsi.  

Ma è soprattutto l’immenso groviglio di rocce dalle forme più bizzarre, modellate circa 100 milioni di anni fa,  delle Alabama Hills a fare da protagonista assieme alle star che di volta in volta si susseguivano lungo quei sentieri e strade polverose, quasi sempre con la catena del monte Whitney sullo sfondo. John Wayne, Randolph Scott, Gary Cooper, Tom Mix, Roy Rogers, Gene Autry, Audy Murphy sono solo alcuni dei grandi interpreti che nelle circostanze più svariate hanno dovuto fare i conti con queste rocce levigate che riuscivano sempre a rendere al meglio l’atmosfera del momento. Il nome insolito (visto che siamo in California) risale al periodo della Guerra di Secessione. Nel 1864 i simpatizzanti del Sud a Lone Pine scoprirono l’oro nelle vicine montagne e, saputo che un incrociatore confederato di nome Alabama aveva affondato più di 60 navi federali in meno di due anni, in suo onere registrarono con il nome di Alabama la nuova concessione mineraria. Finita la guerra, il nome rimase e pian piano si estese all’intera area.

Tutti ricordano John Wayne per gli indimenticabili classici di John Ford, ma pochi sanno che prima di diventare famoso con il celebre “Ombre rosse” (1939) aveva già alle spalle una brillante carriera come comprimario in una lunga serie di mediometraggi a  basso costo girati anche nelle Alabama Hills dai “Poverty Row studios”, termine in uso dai primi anni Venti per indicare le compagnie Hollywoodiane specializzate nei b-movies e nelle serie costituite da mediometraggi con un personaggio fisso, come la Lone Star Picture e la Republic Picture.  Nel 1935 ne interpretò ben 8 senza prendersi le ferie, tornando a casa solo per cambiare la biancheria. Le Alabama Hills lo ricordano per “Acciaio blu” (1934), “L’invincibile dello Utah” (1934),  “Terra di fuorilegge/L’oro di Picano Valley” (1935), “Uno sceriffo per Weather Spring/La terra promessa” (1935),  “Il re del Pecos” (1936), “La valle dei dannati (1937), “Il sentiero della vendetta” (1937). 

Tra gli oltre 300 film girati nella zona, i cultori dei vecchi classici riconosceranno facilmente l’inconfondibile paesaggio delle Alabama Hills in “Gli indomabili” (1939 Randolph Scott), “Alba fatale” (1943, con Henry Fonda),  “La bella avventura” (1945), “Le colline camminano” (John Struges, 1949 con Randolph Scott), “L’amante indiana“ (1950), “Romantico Avventuriero” (1950, con Gregory Peck), “Sabbie rosse (Raul Walsh 1951, con Kirk Douglas), “Il cavaliere del deserto” (1951, con Randolph Scott),  nelle scene invernali di “La maschera di fango” (André De Toth, 1952 con Gary Cooper), “Il nodo del carnefice” (1952,con Randolph Scott), Lo straniero ha sempre una pistola (André De Toth, 1953), “Uomini violenti” (Rudolph Maté, 1955), “I sette assassini” (Budd Boetticher, 1956 con Randolph Scott), “I tre banditi “ (Budd Boetticher, 1957 con Randolph Scott),” “La valle dei Moicani” (1960, con Randolph Scott), “L’uomo che non voleva uccidere” (1958), “L’albero della vendetta”( Budd Boetticher, 1959 con Randolph Scott),  nello scontro finali con gli indiani di “Lampi nel sole” (1959), “Duello tra le rocce” (1960, con Audie Murphy), “Pugni, pupe e pepite” (1960, con John Wayne), “La conquista del West, seconda parte”(1962). “Il collare di ferro” (1963, con Audie Murphy), “La carovana dell’alleluia” (1965, con Burt Lancaster),  “Nevada Smith (1966), “La vecchia legge del West” (1967, con James Coburn), “Joe Kidd”(1972, con Clint Eastwood).  

Sino ad arrivare a più recenti “Maverick” (1994, con Mel Gibson), “Django Unchained” di Quentin Tarantino (2012) e “The Lone Ranger” (2013, con Johnny Depp).  

Sempre di recente, il capriccioso labirinto di rocce delle Alabama Hills  si è ben adattato anche a numerose produzioni di altro genere, specialmente storico avventurose o fantascientifiche: “Il Gladiatore” (2000), Tremors (1990), “Star Trek V  L’ultima Frontiera” (1989), “Godzilla” (2014). Ancora oggi infatti, pur essendo piena di scorci famosi per la loro storia cinematografica, la zona è del tutto selvaggia e priva di qualsiasi indicazione, terreno ideale per le riprese cinematografiche.

Le Alabama Hills sono diventate, grazie ai tantissimi western che per decenni hanno calcato le scene di tutto il mondo, una vera e propria icona del vecchio West. Pochi sanno invece che per decenni sono riuscite a rappresentare in modo eccellente anche la frontiera nord-ovest dell’India del periodo coloniale, facendo da sfondo a numerose pellicole d’avventura della cosiddetta Hollywood’s India passate alla storia,  come “I lancieri del Bengala” (1935), “La carica dei seicento” (1936), “Kim” (1950), “La carica dei Khyber” (1953), ma soprattutto il famosissimo kolossal “Gunga Din” del 1939 con Cary Grant, per il quale venne costruito un imponente (e costosissimo per quei tempi) set  di cui però non rimane traccia, se non una  targa ricordo.

Solo in  un caso finzione e realtà si sono trovate a coincidere: nella parte finale di “Una pallottola per Roy” (1941), Hunphrey Bogart, nei panni di un fuorilegge braccato dalla polizia, si trova davvero ad attraversare a tutta velocità la via principale di Lone Pine per imboccare poi la polverosa Whitney Portal Road in direzione delle Alabama Hills e del Monte Whitney, in una spettacolare fuga culminata con la celebre sparatoria finale sulle ripide pareti della Sierra Nevada.

Presso il museo sono disponibili guide e libri molto pratici per organizzare autonomamente una visita alle varie location, alcune delle quali evidenziate sulle guide con tanto di coordinate gps.  Per chi voglia approfondire il tema delle location western, consiglio i due preziosi volumi “I sentieri del Western” di Carlo Gaberseck edizioni Cineteca del Friuli, ed in generale tutta la sua ricca bibliografia sulla “geografia del western”.

Le Alabama Hills sono fortunatamente ancora del tutto incontaminate.  Pur essendo piena di scorci famosi per la loro storia cinematografica,  la zona è rimasta selvaggia come ai tempi dei primi western, con un groviglio di strade sterrate che si diramano tra rocce di ogni forma immaginabile, prive di qualsiasi indicazione.  Anche seguendo le indicazioni fornite dal museo non è facile individuare i punti in cui sono state girati i film e solo avendo tra le mani i fotogrammi delle le scene con i vari scorci sarà possibile individuare esattamente gli angoli da cui sono state effettuate  le riprese, spesso così suggestive da invogliare lo spettatore a cercarle per provare sul posto le stesse emozioni provate guardando il film.  Senza una traccia precisa, chi è dotato di gps potrà individuare facilmente solo quelle illustrate sulla guida, ma sono molti altri gli scorci che sicuramente saranno rimasti in mente e si avrebbe voglia di vedere. Non rimane quindi che affidarsi un po’ al caso e, nella speranza di trovarle grazie al proprio intuito e senso dell’orientamento, esplorare come meglio si crede tutta la zona cercando i panorami migliori.  La  Movie Road è un percorso circolare su strada sterrata che può essere effettuato con qualsiasi veicolo durante la bella stagione (ma non in caso di pioggia) partendo da nord (arrivando dalla Moffat Ranch Road, sterrata) o da sud (imboccandola dalla Whitney Portal Road, asfaltata).  Per avere le migliori condizioni di luce, al mattino è consigliabile iniziare dal settore sud delle Alabama Hills, dove si trovava il set di “Gunga Din” , partendo dalla  Lubken Canyon Road   (sterrata) per raggiungere poi la strada principale che conduce verso la Sierra Nevada.  La calda luce del tardo pomeriggio è invece l’ideale per esplorare il settore nord lungo la Movie Road,  per godersi il tramonto attraverso il Mobius Arch,  l’attrazione naturalistica principale della zona, spesso  usata come cornice ideale per il  monte Whitney in quasi tutte le cartoline del posto.  Una sola raccomandazione: con l’auto, a meno che non sia un fuoristrada con pianale molto alto, non avventurarsi mai nelle numerose stradine laterali,  che inizialmente appaiono invitanti ma dopo pochi metri presentano insidie che altri tipi di vetture non sarebbero in grado di superare.  D’altra parte le Alabama Hill sono un luogo da esplorare a piedi,  in mountain bike o meglio ancora a cavallo, come ai tempi del vecchio West.  Chi ha poco tempo,  potrà comunque trovare una abbondanza straordinaria di scorci suggestivi senza bisogno di camminare troppo a lungo:  si arriva in un punto in auto e si visitano i dintorni a piedi,  godendosi lo spettacolo alla ricerca delle varie location cinematografiche che difficilmente sulla strada. Impossibile non rimanere ammaliati dalla bizzarre formazioni rocciose che improvvisamente vi compariranno di fronte. Un primo assaggio dello straordinario paesaggio che vi aspetta lo si potrà avere percorrendo i facili sentieri della Recreation and Scenic Area all’imbocco della valle, facilmente individuabile dalla grande roccia dipinta (Face Rock) che vi indicherà che state per inoltrarvi in un territorio unico nel suo genere.  Ma, cartina alla mano, vale sicuramente la pena percorrere i circa venti chilometri del Picture Rock Circle attraverso le formazioni rocciose più curiose. Anche in questo caso, come per la Movie Road, si può tranquillamente utilizzare l’auto per portarsi ai principali punti di interesse e poi visitare a piedi i dintorni alla ricerca delle singole rocce, spesso indicate sulla mappa con un nome che ne rispecchia la forma e quindi facilmente individuabili.

Testo e foto: Franco Borgis

Roberto Rossi ha scritto un libro dedicato alla magia del West Americano, una pubblicazione dove lui stesso racconta la sua esperienza di viaggio e dove fornisce informazioni fondamentali per chiunque voglia scoprire questo angolo d’America così selvaggio e romantico, ne parla anche nella precedente pubblicazione dedicata alla Route 66.

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