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La famosa città mineraria di Virginia City venne fondata nel 1859 durante il periodo della febbre dell’oro sul pendio di un colle a seguito della scoperta di un filone nel vicino Six Mile Canyon.
La scoperta dell’oro si diffuse a macchia d’olio ed attirò in poco tempo cercatori da ogni parte della California e dalla Sierra Nevada, facendo nascere, come accadeva abitualmente, una sgangherata città fatta di tende e baracche. Un giorno un minatore di nome James Finney, soprannominato “Old Virginny” per via delle sue origini, lasciò cadere una bottiglia di whisky in terra battezzato il nuovo agglomerato “Old Virginny Town” in onore di se stesso. Nome trasformato poi in Virginia City alcuni anni dopo, quando la città iniziò ad assumere un aspetto più decoroso.
La città si ingrandì infatti enormemente in pochissimo tempo, con una popolazione che, salita già a 4.000 abitanti nel 1862, raddoppiò nel corso del decennio successivo. Il suo sviluppo non è però legato all’oro, come si potrebbe pensare, ma all’argento ed al nome di colui che per primo ne intravide le enormi potenzialità: il minatore, Henry Comstock. I ricchissimi giacimenti d’argento, conosciuti infatti come Comstock Lode, fecero la fortuna di molti grandi nomi dell’epoca (tra cui George Crocker, futuro fondatore della Bank of California), ma non dei loro scopritori: l’argento era stato inizialmente scoperto nel 1857 nel Nevada dai fratelli, Ethan e Osea Grosh, che morirono prima di poter registrare a loro nome le concessioni minerarie.
E’ a Virginia City che si deve la nascita del Nevada come Territorio prima e come stato poi. La sua improvvisa ricchezza catturò infatti l’attenzione del presidente Lincoln, che in quegli anni turbolenti aveva un disperato bisogno di oro e d’argento per finanziare le spese di una guerra civile ormai alle porte. Il 2 marzo 1861 al Nevada venne così concesso lo status di Territorio autonomo separato dallo Utah, non essendo ancora sufficientemente popolato per essere elevato al rango di Stato, acquisito tre anni dopo.
Gli ingegneri fecero progetti sorprendenti per facilitare l’estrazione dell’argento: centinaia di chilometri di tubazioni vennero posati per fornire oltre 2 milioni di litri di acqua provenienti dal bacino del lago Tahoe. Un tunnel di 6 km venne scavato nella roccia per drenare oltre 10 milioni di litri di acqua bollente e inquinata al giorno dai livelli inferiori delle miniere. Con la costruzione della ferrovia (nota come la ferrovia più tortuosa del mondo” per la sua vertiginosa discesa), lo sviluppo prese un’ulteriore accelerazione e nel 1870 le miniere avevano già reso più di 230 milioni di dollari.
Al culmine del suo splendore, attorno al 1876, Virginia City, con i suoi 30 mila abitanti, era una città che poteva tranquillamente rivaleggiava con San Francisco in termini di dimensioni e di eccessi. Popolata di alberghi e ristoranti di lusso, sfoggiava 150 saloon, almeno cinque distretti di polizia, un fiorente quartiere a luci rosse, tre chiese, dieci diversi caserme dei vigili del fuoco, acqua potabile, energia elettrica, gas.. La fiorente comunità disponeva anche di vari tipi di intrattenimento, dalle opere classiche shakesperiane tenute al Piper Opera House (tuttora esistente) alle fumerie d’oppio e combattimenti di cani, oltre a più di 20 teatri e sale da concerto. L’Hotel International era alto sei piani e vantava il primo ascensore apparso nell’Ovest americano. Dominata dagli interessi di San Francisco, Virginia City ne divenne una specie di ricca e lussuosa succursale da cui attingere risorse da investire nella città sulla costa: lo stesso porto di San Francisco del 1860, rivitalizzato dalla scoperta dell’argento, fu costruito con i proventi delle miniere di Virginia City.
Da giovane, vi soggiornò anche lo scrittore Mark, che nel 1862 iniziò a lavorare al giornale locale, il Territorial Enterprise. Ma, come tutte le altre città del boom minerario, anche Virginia City non poteva sottrarsi alla sorte che l’aspettava. Più volte distrutta dagli incendi, con l’esaurirsi delle miniere la città si è ridotta ad essere l’ombra di se stessa. Ma a differenza di altre località, non si è trasformata in città fantasma e resiste, con quasi 1000 abitanti, al trascorrere del tempo. Perfettamente conservata, dopo la chiusura definitiva delle miniere nel 1942 è diventata monumento storico. Riscoperta e rilanciata dalla nota serie televisiva “Bonanza”, ha approfittato della sua nuova vocazione turistica per ristrutturarsi e ripopolarsi, ricevendo nel 2009 il prestigioso premio Dozen Distinctive Destinations dal National Trust for Historic Preservation per l’autentica conservazione dei suoi edifici vittoriani: numerosi lussuosi palazzi che ricordano ai visitatori quello che poteva essere lo stile di vita raffinato e lussureggiante dei bei tempi andati.

Gold Hill, quando cominciò la corsa all’oro attorno al 1850, era poco più di un accampamento di pochi minatori che vivono in tende e baracche. Nel corso degli anni successivi crebbe però al punto da rivaleggiare con la confinante Virginia City sia in dimensioni che in popolazione e nel 1862 si costituì in città autonoma per mantenere la propria indipendenza. Tappa importante sulla Virginia & Truckee Railroad, la città vantava numerose imprese, chiese, scuole, e diverse società antincendio, raggiungendo quasi gli 8000 abitanti. Il declino iniziò nel 1870, quando le miniere iniziarono ad impoverirsi. Ogni tanto qualcuna apriva sporadicamente per un certo periodo (come la Yellow Jacket che operò dal 1927 fino al 1942), ma ormai il suo destino era segnato. Non si spopolò però totalmente e mantenne una popolazione residente di circa 200 persone. Anche un certo numero di edifici storici hanno continuato a rimanere in piedi, come il vecchio Gold Hill Hotel (il più antico albergo dello stato, costruito nel 1859 e tuttora in attività) ed il Virginia & Truckee Railroad Depot (costruito nel 1872 e utilizzato fino al 1936), completamente restaurato e riconvertito a stazione ferroviaria della storica linea che dal 1862 collega Virginia City con Carson City. Più che una città, si può però considerare ora Gold Hill come un sobborgo di Virginia City.

Silver City, pochi chilometri più in basso, era la porta d’ingresso di quello che fu uno dei più fiorenti bacini minerari d’oro e soprattutto argento del West. La prima pepita d’oro in quello che sarebbe diventato noto come Gold Canyon è stata scoperta alla “porta del Diavolo”, appena fuori città verso nord, da John Orr e Nicholas Kelly nel giugno 1850, una stretta gola fra due grandi pareti di roccia che aveva la triste fama di essere luogo prediletto per assalti e rapine ai passanti. Come accadde a tutte le località minerarie, anche qui sorse immediatamente una “boom town” che in breve tempo si popolò sino a raggiungere 1200 abitanti. Nel 1861 vantava numerose pensioni, una serie di saloon, quattro alberghi e ampie stalle e recinti di servizio per le molte persone che viaggiano tra le Comstock Lode, le ben più ricche miniere di Virginia City. Durante la breve guerra indiana contro i Paiute nel maggio 1860, gli abitanti eressero una postazione fortificata con merlatura in pietra in cima alla vetta orientale della Porta del Diavolo, dotandola di un rudimentale cannone di legno difendere la città. La città ebbe però vita breve: le sue miniere non potevano competere con quelle delle vicine Virginia City e Gold Hill e, quando nel 1869 venne messa in funzione la ferrovia Virginia & Truckee Railroad, perse definitivamente ogni importanza. Rimangono tuttavia un buon numero di strutture storiche, vecchie attrezzature minerarie ed un singolare cimitero storico.

Anche Hollywood si è interessato alle vicende storiche di questa città, producendo nel 1952 il bellissimo “Nevada Express” (di André De Toth, con Randolph Scott) che racconta la storia della costruzione della ferrovia tra Carson City e Virginia City (The Virginia & Truckee Railroad)  per favorire il trasporto dei preziosi minerali estratti dalle fruttuose miniere del Comstock Lode. La linea cadde successivamente in disuso, ma recentemente è stata riaperta come percorso turistico. Nevada Express fu la prima pellicola che la Warner Bros realizzò in Warnercolor, una variante brevettata del Technicolor.

La storia dei minatori ed il ruolo che ebbero nelle tormentate vicende della Guerra Civile sono invece mirabilmente raccontante nel 1940 in “Carovana d’eroi” (Virginia City, di Michael Curtiz con Errol Flynn, Randolph Scott e un inedita versione western di Humphrey Bogart), un bellissimo film che illustra in modo romanzato ma efficace come il prezioso metallo delle miniere del Nevada facesse gola ad entrambe le parti in guerra.

Una tappa sicuramente da non perdere prima di iniziare il lungo viaggio sulla Hwy 50, la “strada più solitaria d’America” che da Carson City ad Ely attraversa tutto il deserto del Nevada (…come vedrete nella prossima puntata !)

Testo e foto: Franco Borgis

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