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Nella scorsa puntata eravamo rimasti a Virginia City con la promessa che presto avremmo continuato il viaggio su una strada se non proprio spettacolare, per lo meno alquanto singolare. La traversata del Great Basin è una di quelle esperienze che non si dimenticano facilmente. Dopo la famosa Route 66, è questa sicuramente la strada che col tempo ha riscosso maggior popolarità, entrando a pieno titolo nell’immaginario collettivo come icona da non perdere per essere nota come “la strada più solitaria d’America”.
450 km nel nulla dove gli unici rumori che si sentono sono quelli del motore dell’auto e del vento. Impossibile non farsi conquistare dalle poche affascinanti cittadine storiche disseminante sul percorso e dalle mille deviazioni che si è tentati di compiere percorrendola.
Attraversando il cuore del Nevada, la strada segue l’itinerario dell’Overland Stagecoach (diligenze), dei Pony Express e della prima linea telegrafica transcontinentale. Lungo l’itinerario si incontrano solo quattro cittadine: Fallon, Austin, Eureka ed Ely, tutti centri che hanno un passato da Far West di cui conservano parecchi edifici, anche se molti sono ormai abbandonati.

Presso qualunque stazione di servizio di Reno o di Ely si può avere gratis il Kit di sopravvivenza della Highway 50. Verrà consegnata una busta nella quale, oltre ad un paio di cartine e diversi depliants, è contenuta una speciale mappa della Highway 50, sulla quale, in corrispondenza dei luoghi abitati, si trovano delle caselle in bianco da far timbrare lungo la strada presso qualunque luogo pubblico. Alla fine della percorrenza, completa di tutti i timbri necessari, spedendola assieme all’allegata scheda personale, si riceverà l’attestato che certifica che si è sopravvissuti all’attraversamento della Highway 50, firmato dal governatore del Nevada in persona.

Partendo da Virginia City, percorrendola quindi in direzione ovest-est, Silver Spring non è che una piccola comunità composta prevalentemente da case rimorchio e roulotte con giardino, con un distributore di benzina, un negozio di liquori ed un negozio di alimentari. A renderla ancora più particolare, è il fatto che si trova proprio su un tipico incrocio a 4 vie (tra la US 50 e la 95), creando una scena quasi da film.

Poi inizia il nulla, finchè improvvisamente non compare all’orizzonte Fallon, una città in piena espansione, che deve la sua fortuna al commercio di bestiame più che alle attività minerarie. Vi si trova anche una grossa base aerea militare, dove si allenano con i loro caccia i “Top Gun” della marina prima di entrare in servizio sulle portaerei. Vivace, piena di casinò e insegne luminose, la città è piuttosto caotica e non ha nulla di particolare da offrire se non di essere il posto più comodo per far provviste e rifornimento prima di affrontare il deserto. Meglio essere previdenti: anche se nelle prossime cittadine ci sono stazioni di servizio e centri di ristoro, è facile trovarli chiusi se si arriva dopo le 7 si sera, se non prima.
Appena fuori dall’abitato, le cose cambiano ed il cambiamento è drastico: nella grande piana desertica ricoperta di sabbia che si apre all’uscita dalla città, non rimangono molti segni di vita se si esclude qualche animale selvatico. Lungo la strada, diversi disegni e scritte su pietre nere vulcaniche sono state allineate col passar degli anni dalla gente di passaggio: una moda, probabilmente un modo come un altro per soddisfare il proprio bisogno di lasciare un segno della propria impresa.
Il tratto di strada tra Fallon ed Austin è la sicuramente il pezzo più isolato. Con un po’ d’attenzione è facile scorgere un coyote ai bordi della strada o intento ad attraversarla. O ritrovarsi “bib bib” che spunta improvvisamente dal cartone animato per sfuggire alle sue grinfie. Quello vero però, perché il roadrunner è piuttosto comune in Nevada.


Quasi verso la fine della piana, un cartello indica una deviazione per la Sand Mountain, una gigantesca duna di sabbia alta 183 metri in mezzo al nulla più assoluto, che al tramonto assume una colorazione dorata a dir poco spettacolare. Per fortuna in estate fa troppo caldo, altrimenti arrivandoci nei fine settimana, quando purtroppo viene letteralmente presa d’assalto dagli amanti del quad, si correrebbe il rischio di perdere tutto il fascino che emana sin dalla prima lontana occhiata. Ed a quel punto verrebbe da chiedersi: ma non era la strada più solitaria d’America? Ma siamo solo all’inizio… di miglia ce ne sono ancora tante.

Nelle immediate vicinanze, a circa un paio di chilometri, della vecchia stazione Pony Express di Cold Spring non rimangono che poche rovine. Anche il famoso e curioso albero delle scarpe, poco più avanti, ormai non esiste più: un atto vandalico lo ha abbattuto alcuni anni orsono. Dai suoi rami pendevano centinaia di calzature lanciate dai passanti nel corso degli anni. Peccato, chissà quante storie avrebbe potuto raccontare.

Proseguendo, la Middlegate Station, una vecchia stazione delle diligenze, è invece ancora oggi al suo posto, ideale per fare uno spuntino.
Nel centro del Nevada, Austin era un importantissimo centro minerario ed ancora oggi è possibile ammirare alcune delle tante costruzioni sorte attorno al business degli scavi minerari, come la famosa torre residenziale in pietra a tre piani (castello di Stokes), costruita in un punto panoramico nel 1897 con 800 tonnellate di granito locale scavato a mano, ben visibile a chilometri di distanza.

Ma sono molti i punti d’interesse storico disseminati nelle vicinanze, tra i quali molte vecchie stalle utilizzate dal servizio dei Pony Express. Ai bordi della strada, tanti piccoli negozietti di antiquariato, generalmente legato al periodo minerario della regione, invitano ad entrare a curiosare, magari per cercare una boccetta di quella che veniva spacciata dai ciarlatani del tempo come medicina miracolosa in grado di guarire qualunque male. Attenzione ai prezzi: questi cimeli costano sempre cari. Se ci arrivate di sera, ci sono alcuni spartani motel ed un eccellente B&B in una casa antica dove alloggiare. Ma portatevi da mangiare: dopo le 7 di sera in estate non c’è un solo locale aperto.

Dopo Austin, inizia una salita abbastanza consistente attraverso una piccola catena montuosa, che una volta superata la cima ridiscende docilmente verso la pianura, prima di giungere alla prossima città: Eureka. Si racconta che il nome derivi dall’esclamazione di un minatore quando nel settembre del 1864 vi trovò un ricco filone d’argento.
Ricca di piombo e argento, durante il boom degli anni ’80 del XIX secolo la città si sviluppo notevolmente arrivando a contare ben 16 fonderie, oltre 100 saloon, ed una popolazione di quasi 10.000 abitanti. Raggiunta anche dalla ferrovia, nel 1878 era la seconda più grande città dello stato. Ne rimane una cittadina molto ridimensionata ma piuttosto caratteristica ed orgogliosa della sua storia, che ha fatto del suo isolamento quasi una attrazione turistica: non può che apparire curiosa l’iniziativa presa dall’amministrazione locale di inserire in ogni scontrino commerciale l’invito esplicito a tornare affinchè non si sentano troppo isolati dal mondo. Da vedere, l’Opera House ed il Colonnade Hotel, costruito nel 1880 e chiuso da tempo. Eureka è’ anche un luogo di ritrovo per gli appassionati di cavalli: nella grande arena alla periferia della città si svolgono spesso raduni e gare di monta western.

Ancora un ultimo lungo tratto di strada deserta in mezzo al nulla più assoluto, ed ecco finalmente Ely. Non è una grande città (4000 abitanti circa), ma la sua posizione le ha conferito una certa notorietà come località di passaggio per le infinite possibilità di escursioni ed attività ricreative all’aperto che l’incrocio di ben tre autostrade offre. Anche il clima qui è diverso: essere situata a 1900 mt circondata da boscose montagne la rende molto più fresca ed umida rispetto al deserto appena attraversato. Come le altre città sulla Highway 50, anche Ely ha una storia interessante.
Fondata inizialmente come stazione per le diligenze e per il Pony Express, si convertì ben presto in città mineraria per l’abbondante presenza di rame, che continuò ad essere estratto per oltre un secolo sino al 1980, quando il crollo dei prezzi decretò la chiusura della grande miniera Kennecott e della relativa fonderia nella vicina McGill. Sorte che si è invertita nuovamente nell’ultimo ventennio.
Del suo movimentato passato ben poco è ormai visibile ma in compenso è molto comoda per far provviste al supermercato e rifornimento di carburante prima di proseguire per altre destinazioni e cominciare una nuova avventura…

Testo e foto: Franco Borgis

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