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Ho deciso di avvicinarmi a una dieta prevalentemente vegetale soprattutto perché, quando mi ritrovavo sul piatto del pranzo una bistecca, o anche semplicemente una fetta di prosciutto crudo, provavo un conato di vomito. Non riuscivo a mangiare quel prosciutto, quel petto di pollo, senza pensare che prima fosse un animale, un essere vivo, probabilmente maltrattato durante l’allevamento. Ne mangiavo un boccone e nella mia testa si rincorrevano queste immagini. Mi sembrava di essere un cannibale.

Recentemente ho letto il Manifesto per gli animali di Melanie Joy, un brevissimo pamphlet che è un atto di difesa nei confronti del mondo animale, un atto d’accusa nei confronti del carnismo mondiale, e una confessione sincera e spinta sul perché non abbiamo bisogno di mangiare carne, a meno che ciò avvenga per esigenze di sopravvivenza. L’autrice infatti, fin dall’inizio del libro, ci spiega che un uomo o una donna europea, borghese, non ha la stessa impellente necessità di mangiare carne, come può avercela, ad esempio, una tribù di pastori nella Savana africana. Joy scrive: «Quando mangiare animali non è una necessità, allora si tratta di una scelta, e le scelte derivano sempre dalle credenze».

Le credenze. Sì, perché Joy nel suo breve testo spinge molto sul chiarire come la società, le industrie, le pubblicità, la stessa economia spingano molto verso un condizionamento del pubblico affinché mangi sempre più carne. E spesso noi lo facciamo perché non ci viene spontaneo pensare che su quel piatto che ci viene servito in tavola ci sia, in sostanza, il pezzo di un corpo di un animale. Continua a scrivere Joy: il carnismo si basa su «una mentalità fondata sul paradosso». Ci va bene, purché non ci riflettiamo con attenzione, mangiare carne d’agnello per Pasqua, o petti di pollo al pranzo della domenica, ma inorridiamo quando ci viene proposta carne di gatto, cane, o magari cavallo. Questo è un paradosso: ossia pensare che un determinato animale sia più commestibile di un altro solo perché la società ce lo impacchetta a dovere come un prelibato e gustoso piatto che noi vediamo, al supermercato, già quasi fatto e finito, senza immaginarci il lungo e sofferente percorso che l’ha condotto lì.

Il testo di Melanie Joy è un colpo allo stomaco, con una scrittura violenta ed incisiva che non risparmia nulla e non fa sconti a nessuno. Leggerlo non vi sarà facile, ma la ritengo una lettura fondamentale se desiderate avvicinarvi a un mondo più giusto, per ogni forma vivente. Ci narra anche delle violenze che questi animali che diventeranno il nostro cibo subiscono, come «taglio di becchi, corna o code senza nessuna anestesia», per non parlare della loro vita, trascorsa «in capannoni senza finestre, dentro gabbie talmente piccole che a malapena possono muoversi». Vi risparmio la descrizione del modo in cui vengono uccisi.

Joy ci spiega che non esiste «etica» nel mangiare carne e, quando sentiamo parlare di «allevamento etico di animali» stiamo semplicemente ascoltando una propaganda dell’industria di carne affinché questa incentivi le persone che si trovano nel dubbio a consumarla.

«Un sistema oppressivo» così lo definisce l’autrice. E’ come se, per fornire un paragone con cui lei inizia il testo, tutti noi ci trovassimo in una realtà virtuale aumentata, dove mangiamo carne senza assumere una presa di coscienza a riguardo. Lo facciamo perché chiunque altro lo fa, perché ci viene detto che è «normale», quando non lo è affatto.

Su questo l’autrice pone attenzione alla fine del suo pamphlet. La gente comune non vuole pensare a cosa significhi realmente mangiare carne. Le conseguenze ambientali e per l’appunto etiche che ne conseguono. Non ci pensiamo perché ciò comporta la fatica di una presa di coscienza che non vogliamo assumerci. Fa comodo mangiare carne perché fa comodo vivere in una realtà virtuale in cui non abbiamo bisogno di pensare – oltre ai mille pensieri quotidiani di questo mondo – anche alla vita animale.

Serve un cambiamento. Che sia radicale ma motivato. Serve fare attivismo e fare un primo sforzo verso una dieta più vegetale. Coloro che hanno scelto di combattere per la causa animale hanno bisogno di far valere i «fatti» che loro conoscono ma che spesso vengono confusi come banali opinioni.

Concludo questo testo con una nota a margine che ho preso alla fine del testo di Melanie Joy:

Tutto ciò che non rientra nella cultura del ‘sistema’ viene considerata un’opinione, per quanto avvalorata dai fatti essa sia

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Manifesto per gli animali
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Puoi leggere Tiziano Brignoli anche sul suo sito (www.tizianobrignoli.com)

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1 Comment

  1. […] Manifesto per gli animali, di Melanie Joy (5 stelle). Un breve libro sincero e crudo che ci spiega, dati e fatti alla mano, perché sia sbagliato mangiare carne, soprattutto in difesa del rispetto animale e ambientale. Se ti interessa, ho scritto una recensione del libro qui. […]

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