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Quando la California sembrava il Texas: il boom petrolifero che trasformò Los Angeles

Tempo di lettura: 4 minuti

Quando pensiamo alla California, immaginiamo subito spiagge dorate, surfisti, palme e tramonti sul Pacifico. Ma c’è un lato nascosto, quasi dimenticato, della storia di questo Stato che racconta di trivelle, derrick e “oro nero” che schizzava nel cielo. Meno di un secolo fa, il sud della California non era solo la terra dei sogni hollywoodiani, ma anche uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo.

Il cuore nero della California: il petrolio

Oggi la maggior parte della produzione petrolifera californiana proviene dalle aree interne, come la contea di Kern e la San Joaquin Valley. Ma negli anni ’20 e ’30, era la costa ad avere un ruolo centrale: la sola California del Sud produceva il 20% del petrolio mondiale. Sì, mondiale.

Tutto cominciò nel 1921 a Long Beach, quando i trivellatori della Shell Oil colpirono un giacimento alla profondità giusta, generando un getto di petrolio che si alzò per oltre 30 metri al cielo, all’angolo tra East Hill Street e Temple Avenue. Era nata una nuova corsa all’oro: non quello brillante delle miniere, ma il nero viscoso del sottosuolo.

Signal Hill, la collina istrice

Uno dei luoghi simbolo di questo boom fu Signal Hill, una collina panoramica che in quegli anni fu letteralmente invasa da centinaia di torri di trivellazione in legno, costruite da piccoli imprenditori e speculatori. Inizialmente progettata come zona residenziale, la collina fu rapidamente colonizzata dai cercatori di fortuna del petrolio. Le strutture svettanti e affollate le valsero il soprannome di “Porcupine Hill” – la collina istrice – per via dell’aspetto spinoso del paesaggio.

Ogni angolo libero veniva occupato da una nuova trivella, e la zona si trasformò in pochi mesi in un groviglio di legno, acciaio e tubature.

Dove il petrolio incontrava i bagnanti

Ma Signal Hill non era l’unico scenario di questa rivoluzione energetica. Anche le coste di Huntington Beach e Santa Barbara si popolarono di torri petrolifere. Queste si alternavano agli ombrelloni, alle torrette dei bagnini e alle cabine per cambiarsi. L’immagine è quasi surreale: famiglie al mare accanto a impianti industriali, mentre l’odore di salsedine si mescolava a quello del greggio.

All’epoca, l’estetica urbana era l’ultimo dei pensieri. Los Angeles era una metropoli in piena crescita, e l’obiettivo era chiaro: sviluppo economico a ogni costo. Tra il 1916 e il 1920, il numero di automobili era triplicato e il prezzo del greggio era passato da 0,64 a 3,07 dollari al barile. La città aveva fame di energia, e il petrolio era la risposta.

Declino e trasformazione

Come tutte le corse all’oro, anche quella del petrolio sulla costa californiana conobbe un rapido declino. Le trivellazioni intensive prosciugarono i giacimenti più accessibili e, già negli anni ’80, la maggior parte dei pozzi era in disuso.

Eppure, alcune tracce sono ancora lì.

Oggi, alcune pompe di petrolio continuano a operare, gestite da piccole imprese indipendenti. Molte di queste sono sapientemente camuffate o mimetizzate nel paesaggio urbano: si trovano nei cortili dietro fast food, in cul-de-sac residenziali, o addirittura travestite da edifici su isole artificiali al largo di Long Beach. Sono reliquie di un’epoca in cui Los Angeles non era ancora la città da cartolina che conosciamo, ma un cantiere frenetico alla conquista del futuro.

Un’eredità invisibile, ma presente

Questa storia dimenticata ci ricorda come la memoria del paesaggio urbano sia fragile, e come le città si trasformino rapidamente, cancellando i segni del loro passato più industriale. Eppure, se guardiamo con attenzione, quel passato è ancora lì: nelle fondamenta, sotto i parcheggi, dietro una facciata moderna. Basta solo sapere dove guardare.

Hai mai notato una pompa di petrolio nascosta a Los Angeles o in un’altra città?



Fonti e crediti fotografici:
Monovisions – Oil Derricks California, Rare Historical Photos, Library of Congress – LA Oil Boom

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